BRING YOUR INTENTION WITH YOU

COS'E' UN MALA?

“QUANDO VIAGGI VERSO UN LUOGO LONTANO, LUNGO LA STRADA SUPERI MOLTE PIETRE MILIARI. ANCHE SE ESSE NON FOSSERO LÀ, TU RAGGIUNGERESTI UGUALMENTE LA TUA DESTINAZIONE.

MA LE PIETRE MILIARI TI DANNO UNA CONFERMA E TI MOSTRANO CHE STAI ANDANDO NELLA DIREZIONE GIUSTA.

QUANDO FAI JAPA LE PERLE SONO LE PIETRE MILIARI E IL MALA È LA STRADA. STRADA E PIETRE SONO ESSENZIALI PER ASSICURARE CHE TU RAGGIUNGA LA TUA DESTINAZIONE PSICHICA. LE PERLE MANTENGONO ATTIVA LA CONSAPEVOLEZZA E MANTENGONO IL SISTEMA PSICHICO SOTTO CONTROLLO.”

SIVANANDA SARASWATI SWAM

In sanscrito japa significa "mormorare", mentre mala significa "ghirlanda, per cui mettendo insieme le due parole si ha la perfetta definizione: 

‘’La ghirlanda per sussurrare le preghiere’’

Il monile viene infatti utilizzato per mantenere la mente centrata durante la ripetizione di un mantra o di una preghiera e si porta per tradizione al collo o al polso sinistro, per ricordarsi di rimanere al momento presente o per portare alla mente le proprie intenzioni. Lo si può anche porre nella stanza dedicata alla pratica per portare energie positive.

Il rosario cristiano è probabilmente derivato proprio dai mala indiani: trnslitterando infatti l'alfabeto sanscrito in latino e cambiando la "a" breve con la “Ā” lunga si ottiene JAPĀ, che non significa più preghiera, ma "rosa". JAPĀ-MĀLĀ assume così il significato di "corona di rose", che venne poi tradotta in latino con "rosarium".

Negli ashram indiani è comune vedere i meditanti con in mano il japamala; la sua origine è antichissima, ed è presente nelle religioni buddista ed indista. In Asia se ne possono trovarne le prime tracce dipinte negli affreschi ritrovati nelle grotte di Ajanta, nella regione del Maharashtra, nell'India centro-occidentale e risalenti al II sec. a.C., ma essendo considerati emblema di dei e divinità induiste, i rosari probabilmente hanno origine si dall’inizio di queste religioni che risalgono a più di 4.000 anni di storia. 

La recitazione del mantra arriva sin dalla tradizione vedica precedente a Buddha e si suppone infatti che questi strumenti siano da sempre stati utilizzati dai devoti nelle loro pratiche di meditazione.

Vista la loro diffusione e antichità, i mala hanno acquisito un'immagine assai profonda e rappresentativa. 

I MANTRA

Anche la parola mantra deriva dal sanscrito e si compone di man significa “mente, pensiero, atto del pensare, intelletto, respiro, anima vivente” e la sillaba tra significa “che libera, che compie, che agisce, che protegge”. Il mantra rappresenta quindi una formula che libera la mente, uno strumento che libera il pensiero. A livello pratico i mantra sono rappresentati da una serie di parole che, se pronunciate ripetutamente, correttamente e con la giusta intenzione mentale, hanno il potere di donare un beneficio alla nostra mente ed alla nostra vita.

Oltre a rendere tangibile lo scorrere della recita - sia essa di preghiere, mantra o sutra - essi aiutano a concentrarsi ed indirizzare tutte le nostre attenzioni sulla meditazione, rendendoci consapevoli di ciò che pronunciamo e che ci pervade portandoci in uno stato mentale che trascende dalla consuetudine. La ripetizione ed il ritmo dona la tranquillità e la serenità che l'uomo da sempre ricerca nell'affidarsi al proprio dio, qualunque esso sia, presso il quale aspira a trovare certezze, protezione e conforto.

La declamazione, inoltre, coinvolge l'intero nostro essere: la mano che sgrana è legata al corpo, il mormorare interessa la voce, l'attenzione coinvolge la mente e la percezione della divinità interessa lo spirito. Ecco quindi che l'utilizzo del rosario non è solo una pratica che potrebbe far pensare ad un vuoto esercizio dottrinale, ma un potente tramite tra l'uomo ed la sua divinità, simbolo di un ciclo infinito che unisce la terra al cielo.

Secondo Swami Vishnudevananda, il japamala aiuta a essere vigili e agisce da punto focale per l’energia fisica. Mentre si ripete il mantra prescelto si può portare l’attenzione all’ajna chakra, tra le sopracciglia, o sul chakra del cuore, l’anahata. La ripetizione del mantra aiuta a sviluppare concentrazione ed a risvegliare la dimensione spirituale della pratica. Si può ripetere il mantra ad alta voce (vaikhari japa) o mentalmente (manasika japa). Attraverso il japamala è possibile coltivare attenzione cosciente sentendosi uniti al potere divino.

LA MEDITAZIONE CON UN MALA

La mano con cui tenere il mala è la destra tra il pollice, che simboleggia Dio, e il medio per passare da un grano all’altro.

Il mignolo, simbolo di inerzia e pigrizia, e l'anulare vanno raggruppati insieme e staccati dal medio. L'indice, simbolo dell'ego, non deve mai toccare il mala. 

La simbologia di questa posizione richiama il trascendere il mondo dell’illusione per prendere man mano coscienza dell’unità e fondersi con il divino.

  • TIENI IL TUO MALA NELLA MANO DESTRA - ANCHE SE SEI MANCINO - E SCORRI OGNI GRANO CON IL POLLICE E IL DITO MEDIO IN SENSO ANTIORARIO RIPETENDO IL TUO MANTRA.
  • SCORRI TUTTE LE 108 PIETRE FINO ALLA FINE E ARRIVERAI AL GURU, O MERU, L’UNICO GRANO CON UN DIAMETRO PIÙ GRANDE DEGLI ALTRI, DI SOLITO POSIZIONATO VICINO ALLA NAPPINA O AL PENDENTE; MAI TOCCARE LA PIETRA NUMERO 109 CHE SERVE SOLO PER INDICARE CHE UN GIRO DI MANTRA È TERMINATO ED È IL MOMENTO PER UNA RIFLESSIONE DURANTE LA MEDITAZIONE. POTRAI RIFLETTERE SULLA TUA PRATICA, ONORARE I TUOI MAESTRI O SEMPLICEMENTE ESSERE GRATO A TE STESSO PER ESSERTI CONCESSO QUESTO MOMENTO DI INTROSPEZIONE E CALMA.
  • SE DESIDERI CONTINUARE NON SUPERARE IL GURU, MA RUOTA IL MALA E CONTINUA LE RIPETIZIONI CAMBIANDO DIREZIONE, PARTENDO DUNQUE DALL'ULTIMA PIETRA.

E' consigliato praticare lo stesso mantra almeno per 40 giorni consecutivi.

Queste  sono le linee guida che costituiscono le basi per meditare con un mantra e sono applicabili anche a tutte le altre tecniche di meditazione. Se desideri approfondire, puoi andare alla mia pagina dedicata alla meditazione.

IL SIGNIFICATO DEL NUMERO 108

I mala tradizionali sono composti da 108 grani (o sottomultipli: 54, 27, 9, tipici delle japamala da polso), tanto che tale numero è considerato sacro in molte religioni, tra cui l’Induismo, il Buddhismo, il Sikhismo ed il Giainismo. Il rosario induista Japa-mala in principio si componeva di semplici corde annodate con regolarità, in modo che le legature si trovassero a distanze costanti permettendo così uno scorrimento fluido. Successivamente ne vennero realizzati diversi con perle, ossa, semi, legno, ma sempre in numero di 108 grani. Molte sono le interpretazioni ed i significati attribuiti a questa cifra, anche se in realtà una delle definizioni più corrette è che 108 non sia un numero, ma bensì tre espressioni della realtà:

Foto: Alessandro Cremona, Yogini: Cristina Altrocchi

1 è Brahma, la Coscienza Suprema, la Verità Ultima; l’unione, unicità e verità.

0 rappresenta il Cosmo, origine, vuoto, assoluto, la Creazione personificata nella figura di Shiva ma anche lo stato spirituale dello Samadhi

8 indica la forza creatrice della Natura. E’ la ciclicità, l’eterno e l’infinito.

Tra le altre possibili interpretazioni vi è anche che l’1 sia Bindu, il punto dal quale inizia la creazione e si sviluppa la molteplicità; lo 0 sia Sunyata, il vuoto inteso come stato di liberazione dal Samasara, l’interruzione dei cicli del divenire; l’ 8 infine è Ananta, l’infinito. Ed ancora: quando l'individuo (1) raggiunge lo stato di annullamento dell'ego (0), l'infinito (8) lo colma di energia e consapevolezza.

La somma dei numeri 1+0+8 fa 9 (così come per qualsiasi multiplo di 9): numero sacro in molte culture e religioni che significa perfezione, compimento, maestria.

Il numero 108 invece è attribuibile ai nomi delle più importanti divinità e sapienti indù, e compare spessissimo nelle diverse tradizioni culture:

108 è il numero dei chakra nel corpo (+ 1 sopra il corpo)

108 identifica il Cosmo nei Veda,

108 sono le pastorelle seguaci e adoratrici di Krishna

108 sono le Upanishad

108 sono i luoghi sacri frequentati da Vishnù

108 contano i gradini di accesso ai templi buddhisti

108 sono le divinità create per gestire l’universo quando fu creato (Veda)

108 sono i nomi di ciascun dio, sempre nella tradizione vedica. Ripetere questi nomi, mentre si sgranano i 108 grani del rosario, è un rito cerimoniale sacro (namajapa)

Ed ancora…

  • 108 è il numero dei peccati nel Buddhismo tibetano e di bugie che gli uomini possono dire.

  • I libri sacri tibetani del Khagiur sono 108 volumi.

  • È il numero delle stelle considerate sacre nell’astrologia cinese: 36 stelle benefiche e 72 stelle malefiche, il bene e il male in diverse forme.

  • In Giappone, alla fine dell’anno, una campana è suonata 108 volte per salutare il nuovo anno. Ciascun rintocco rappresenta una delle 108 tentazioni materiali cui una persona deve resistere per raggiungere il Nirvana, allo stesso modo del Buddha.

  • È il numero dell’al-Kawthar, il più corto tra i Sura del Corano.

  • Ci sono 108 linee di energia (nadi) che convergono a formare  il chakra del cuore.

  • Il diametro del Sole è 108 volte il diametro della Terra; La distanza tra il Sole e la Terra è 108 volte il diametro del Sole; La distanza media della Luna dalla Terra è 108 volte il diametro della Luna.

  • Ritroviamo questo numero anche nella mitologia greca: 108 erano i Proci, i pretendenti di Penelope mentre attendeva il ritorno di Ulisse

Si potrebbe andare avanti con l’elenco, ma non potrebbe comunque essere esaustivo. Si dice che portare nella nostra pratica il numero 108 possa aiutare a riconnetterci con la natura ed il cosmo, riequilibrando le energie e lasciando entrare un senso di pace, armonia e serenità dato dalla potenza delle ritualità che hanno radici antichissime.

Personalmente credo che ciò che conti sia la ripetizione e la costanza, ma non vedo un motivo per non onorare le tradizioni.

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